“Da grande voglio fare il calciatore” ed il sogno di bambino è diventato realtà. Alessandro come un altro Alessandro più conosciuto, Nesta, del quale il piccolo Murgia vorrebbe ripercorrere le orme diventando una bandiera biancoceleste.
Il ruolo non è uguale, forse ancora più difficile, forse quel ruolo che ti può esaltare sì, ma anche buttare a terra. Ale però è piaciuto da subito. Un ragazzino scaraventato in campo che non indietreggia mai, che sa che deve arrivare in porta. Dal punto A al punto B, nulla ti deve distrarre mai.
Non è facile entrare in una finale di Supercoppa con l’umore a terra perché le Zebre hanno recuperato i due goal di svantaggio in dieci minuti ed ora ti stanno attaccando. Anche un “big” avrebbe sentito la pressione, ma Murgia no, come un Deus es machina ti entra e ti vince la partita. E chissà quanto era gonfio di orgoglio il petto di Simone Inzaghi che lo ha cresciuto portandoselo in prima squadra.
Nella storia ieri è entrato anche il piccolo Alessandro Murgia, stesso nome del suo idolo, stessa maglia, stessa innata lazialita’ e pazienza se la differenza sono pochi metri in più nel rettangolo verde.
La testa del regista che deve crescere, la determinazione dei “grandi”, in Serie A l’anno scorso aveva già stupito, nulla però in confronto a ieri.
Dybala quel marziano, Dybala che sa fare il fenomeno e ti sbatte dalle stelle alle stalle! Fermi tutti però, perché mentre qualcuno sembra aver accusato il colpo, l’attenzione se la prende il baby aquilotto Murgia!
Dopo il 26 maggio, ecco un altro affiancare Lulic nella storia, quello che allo scadere del tempo, quando già vedevi arrivare gli infiniti supplementari, ti salva il bottino in cassaforte e la chiude.
Questa Supercoppa è di Ciro Immobile mattatore vero biancoceleste, di capitano Lulic che porta avanti il cuore, di Inzaghi, di tutti quelli in campo, ma un pezzetto di questo trofeo è solo suo: alzala in alto Ale, è il tuo miracolo!